“Una corona per il Re”

È incredibile come il passato ci riservi sempre gli spoiler migliori. Ancora più incredibile quando questi riguardano Game of Thrones. Perché se una cosa è certa, come ci ricorda ad ogni cena Edoardo Rialti, è che i generi possono anche confondersi ed evolversi, ma lo spirito, persino i contenuti più o meno decisivi di un racconto, gli sguardi, le cavalcate affannose contro i draghi, il fiato caldo sotto l’elmo lucente, tutto è già contenuto, già presente, sepolto negli antichi racconti, nelle pieghe e nelle piaghe della storia. Per questo i grandi scrittori hanno sempre il merito di dar voce ad un canto non loro, ad un’opera che li previene. I riferimenti, possono essere centinaia, a libri, romanzi, epopee. I due che più ci hanno colpiti tuttavia, si rifanno singolarmente alla cultura e alla storia romana.

Il primo riguarda Crasso, (quello del primo triunvirato ricordate? Cesare, Pompeo, Crasso…). Quel personaggio che poi nessuno si caga perché tutti guardano a Cesare e a quella figa di Cleopatra. La battaglia di Carre del 52 a.C fu una disfatta totale per l’esercito romano: i Parti guerreggiavano come i dothraki, in orde di arcieri a cavallo. Il nobile ed avaro Crasso, che i Parti ritenevano l’uomo più ricco del mondo, viene catturato dal re Orode I alias Drogo e per punizione gli venne versato dell’oro fuso in bocca. Chissà se Martin pensava a lui quando Viserys riceve la sua bella corona nella prima stagione.

 

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Il secondo spunto riguarda la puntata finale della sesta stagione. Ne Le Metamorfosi, Ovidio racconta come Procne scopra le atrocità compiute dal marito Teseo, re di Tracia. È trascorso già un anno da quando lui ha stuprato e mutilato la sorella di lei, ma la vendetta, come sa bene Arya, è un piatto che va servito freddo. Procne uccide il figlio di Tereo, ci cucina una bella cenetta e la fa mangiare al padre. Certo non è una torta salata, ma ci siamo quasi no? Mancava solo la riunione con tutti i parenti di Tereo per un fine pasto a base di frutta stile Frate Alberigo ed eravamo apposto.

Perché forse ciò che Game of Thrones sta risvegliando in chi lo guarda è la carne della storia, la bellezza sanguinaria e mostruosa della storia passata: i suoi fasti e il suo sudiciume. Il temporeggiare di Jon Snow non è diverso allora da quello di Fabio Massimo, i draghi dei Targaryen non sono diversi dagli elefanti di Alessandro. Meno difficile è ora immaginare la potenza degli Oracoli a Delfi, le stragi navali col fuoco greco. La battaglia delle due rose non si è combattuta tra Lannister e Baratheon, o sbaglio? Gli stemmi e le casate tornano ad avere un senso. Le dipendenze si invertono, i richiami echeggiano l’uno con l’altro come se un nano saggio avesse consigliato Cesare e il mellifluo Catilina stesse a fianco di Sansa.

 

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L’unica cosa certa, è che l’inverno è arrivato, che Samwell Tayrl se n’è andato dalla biblioteca di Alessandria, che il vallo di Adriano è caduto, e che ormai gli estranei sopraggiungono: siamo nel 400 d.C.

Giovanni Scarpa

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