Mitologia norrena #3 – La leggenda di Sigurd

“Avevo ben poco desiderio di trovare tesori sepolti o di combattere i pirati, e L’isola del tesoro mi lasciò freddo. I pellerossa erano meglio: in questo tipo di storie c’erano archi e frecce, e lingue straniere, e sguardi fugaci su un tipo di vita arcaico, e, soprattutto, le foreste. Ma la terra di Merlino e di Artù era ancora meglio, e meglio di tutto il Nord senza nome di Sigurd e dei Volsunghi e il principe di tutti i draghi. Quelle terre erano eminentemente le più desiderabili.”

J.R.R. Tolkien

 

Poche storie ci accompagnano a vagare per le terre senza nome e a riempirci i polmoni dell’aria gelida del Nord come quella di Sigurd, l’eroe nordico per eccellenza. Sigurd è l’archetipo dell’eroe tragico: la sua storia, la sua vita sono un intreccio di vendette e tradimenti. Proviamo allora a narrare brevemente la sua leggenda, per quanto sia difficile condensare tutte le vicende del nostro eroe in poche righe.

 

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Sigurd figlio Sigmund venne allevato da Regin (potremmo definirlo il padre adottivo) che lo incitò a riguadagnarsi fama e ricchezza dopo che la morte del padre gli aveva tolto tutto. Regin informò Sigurd che un drago, Fafnir, proteggeva un grande tesoro, il tesoro di Andvari (brevemente, si ancora più brevemente della storia di Sigurd è bene soffermarsi sul mito di Andvari: Odino, Hœnir e Loki vagavano per il mondo e a causa di un delitto da loro commesso si ritrovarono prigionieri di un potente stregone, Hreidmarr, che gli intimò di consegnargli una grande quantità d’oro in cambio delle loro vite. – Strano, direte voi, come è possibile che delle divinità siano messe all’angolo così facilmente? Purtroppo qui rischiamo di aprire un argomento troppo vasto e delicato da approfondire in questo articolo, quindi temo dovrò bypassarlo allegramente, promettendovi che farò ricerche adeguate e in un futuro non lontano né verremmo a capo. – Ma torniamo ai nostri tre dei in difficoltà. Mentre due di loro, Odino e Hœnir, rimasero in ostaggio presso Hreidmarr, Loki andò alla ricerca dell’oro. Giunse dal nano Andvari e gli ordinò di consegnargli tutto l’oro che possedeva. Andvari acconsentì, ma chiese di tenere il suo prezioso anello che gli avrebbe consentito di ricostruire le sue ricchezze. Loki si rifiutò e prese anche l’anello subendo la maledizione del nano che proclamò che chiunque avesse posseduto quell’anello sarebbe caduto in rovina. Maledizione che si avverò di lì a poco con Hreidmarr e la sua stirpe. I suoi due figli infatti, Regin e Fafnir – si, il primo è il padre adottivo di Sigurd e il secondo è il drago – uccisero il padre per impadronirsi dell’oro. Poi Fafnir tradì il fratello impossessandosi di tutto il tesoro. Da allora Regin medita vendetta). Ecco dunque l’antefatto che condusse Sigurd ad uccidere il drago Fafnir. La spada riforgiata dai frammenti di quella del padre, Sigmund, e una tattica audace, quella di nascondersi in una fossa e aspettare il passaggio del drago, tattica che, se ci pensate, è identica a quella utilizzata da Turin ne I figli di Hurin di Tolkien per uccidere il drago Glaurung, permisero a Sigurd di avere la meglio su Fafnir. Breve fu la gioia di Regin nel vedere morto suo fratello e di aver riottenuto tutto il tesoro di Andvari, infatti Sigurd compreso qual era il vero scopo di Regin (cioè quello di usare Sigurd per riprendersi tutto l’oro) lo uccise impadronendosi del tesoro. Qui si chiude la prima grande impresa di Sigurd. Fino a questo momento Sigurd è l’eroe senza macchia, puro, che affronta i nemici senza paura. La maledizione di Andvari però è in agguato e porterà Sigurd in un abisso di tradimenti, ritorsioni e vendette. Sigurd nel suo pellegrinare per le terre del Nord incontrò una giovane fanciulla guerriera, Brunilde. I due si scambiarono promesse d’amore e Sigurd donò a Brunilde come pegno del proprio amore l’anello di Andvari. Poi ripartì e giunse alla corte del re Gjuki che viveva insieme alla moglie Crimilde, ai suoi figli Gunnarr, Högni e Gthormor e a sua figlia Godrun. Essi erano chiamati i Nibelunghi. Sigurd venne convinto da Crimilde a prendere in sposa Godrun e a rimanere presso il loro regno. In seguito Crimilde suggerì al figlio Gunnarr di prendere in sposa Brunilde. Gunnarr si avviò quindi verso il luogo dove risiedeva Brunidle. Il bastione dove viveva la fanciulla era circondato da un fuoco magico che impediva a chiunque di passare, tranne a colui che aveva giurato il suo amore a Brunilde. Gunnarr allora chiese aiuto a Sigurd. I due si cambiarono di aspetto, ma Gunnarr non poteva ugualmente penetrare le fiamme così Sigurd sotto l’aspetto di Gunnarr entrò nel bastione dove si trovava Brunilde chiedendola in sposa. Ella acconsenti dal momento che era riuscito a oltrepassare le fiamme. Sigurd passò la notte con Brunilde e  nel corso quale egli scambiò l’anello di Andvari che aveva donato a Brunilde, con un altro di simile e poi tornò presso la corte di Gjuki. Di lì a poco giunse anche Brunilde per diventare la sposa di Gunnarr. Ma l’anello maledetto non concesse pace al regno di Gjuki. Presto infatti Brunilde si accorse che l’anello che possedeva non era quello di Andvari, ma un falso, quello vero gli era stato rubato ed era finito nelle mani di Godrun sposa di Sigurd. Brunilde allora meditò vendetta e istigò il marito Gunnarr a uccidere Sigurd. Gunnarr e Högni avevano giurato insieme a Sigurd e pertanto non potevano ucciderlo, ma il loro fratello minore non aveva prestato giuramento perciò Gunnarr mandò Gthormor ad uccidere nel sonno Sigurd. Gthormor per due volte esitò ma la terza trapassò Sigurd da parte a parte finché dormiva. Sigurd risvegliatosi per la ferita e ormai morente lanciò la sua spada contro l’assalitore fendendolo in due. Godrun fu colta da un tremendo dolore per la morte dell’eroe. Brunilde sebbene inizialmente soddisfatta, fu presto ancora più sconvolta di Godrun per il misfatto commesso e continuò a piangere fino al funerale di Sigurd. Brunilde quindi decise di seguire il suo amato Sigurd fino alla pira funeraria e di bruciare insieme al suo corpo. Così si conclude la storia di Sigurd e Brunilde.

 

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Ma, nel dolore più struggente, Godrun meditava vendetta nei confronti dei suoi fratelli. Godrun andò presto in sposa ad un altro re, Attila (no, non è il più famoso Attila che conosciamo). Godrun e Attila attirarono Gunnar e Högni in trappola uccidendoli. Poi Godrun si pentì di aver tradito la sua famiglia e si ritorse contro Attila. Prese così i due figli avuti da lui, gli uccise e fece due coppe con i loro crani, poi cucinò i loro corpi e li servì al marito (la vendetta di Arya Stark al confronto non è che una pallida imitazione della storia di Godrun). Ora Godrun meditava anche la morte del marito e chiese dunque aiuto al figlio del fratello, Hniflungr. Insieme uccisero nel sonno Attila. Poi Godrun applicò il fuoco alla reggia, uccidendo tutti gli uomini che si trovavano al suo interno. Godrun, senza ormai nessun motivo per vivere tentò il suicidio gettandosi da una scogliera nei flutti del mare, ma il destino aveva in serbo per lei ancora odio e sangue. Godrun finì infatti sbattuta dalle onde presso il regno del re Ermanarico. Qui essa allevò la figlia, Svanhildr, avuta da Sigurd. Il re presto la chiese in sposa, ma Svanhildr, si innamorò invece del figlio del re, Randver. Il re Ermanarico allora li fece uccidere entrambi. Quanto Godrun venne a saperlo incitò i suoi figli a uccidere il re e così finisce anche la storia di Godrun, dei suoi figli e del re Ermanarico, in un altro bagno di sangue. A Sigurd sopravvisse Aslaug, la figlia avuta da Brunilde che divvene moglie di Ragnar Lodbrok, il celebre re di Danimarca. Qui il mito diventa storia in quanto le vicende di Ragnar si intersecano con quelle del mondo dei franchi e dei britanni attestate negli annali storici e rinnarrate oggi in serie tv come Vikings.

 

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Questa è dunque la storia di Sigurd e della sua progenie. Il racconto sebbene scarno è lineare: si tratta infatti di una serie di tradimenti e delle rispettive vendette. Ma c’è un punto nella trama che rimane debole. Brunilde quando viene ritrovata da Sigurd è addormentata e proprio come nella fiaba de La bella addormentata nel bosco è Sigurd a risvegliarla da un sonno indotto da una puntura. Nel mito è Odino a pungere Brunilde, mentre nella fiaba, Aurora (nella versione dei Grimm è Rosaspina) si punge con il fuso di un arcolaio, ma il riferimento è tutt’altro che casuale.

Una volta risvegliata Brunilde riconosce Sigurd come suo unico pretendente e i due si scambiano promesse e giuramenti di amore. Eppure subito dopo i due si lasciano e Sigurd giunge da Godrun. Ma perché i due si lasciano? Se entrambi si amavano e si erano giurati fedeltà per quale motivo Sigurd se ne va? Dal mito così raccontato sembra che Sigurd non voglia veramente rimanere al fianco di Brunilde, pare infatti avere un sentimento ambiguo nei suoi confronti ed è molto volubile nei suoi giuramenti. Di lì a poco gli verrà proposta Godrun in sposa ed egli accetterà quasi senza esitare. La situazione in realtà è più complessa. Infatti tutta la sezione dell’Edda poetica che racconta cosa è avvenuto tra Brunilde e Sigurd è andata persa, si ritiene che tra le duecento e le trecento stanze del Codex Regius (raccolta di manoscritti medievali islandesi) siano andate perse creando una lacuna enorme sulla trama del mito. I canti che descrivono la leggenda di Sigurd sono in sostanza tre: la Sigurðarkviða en skamma contenuta nel Codex Regius; la Sigurðarkviða en meiri (completamente perduto) e un antico canto incentrato sulla tragedia di Brunilde di cui ci è pervenuta solo l’ultima parte conosciuta come il Brut. Di conseguenza sebbene non abbiamo nulla di certo possiamo fare comunque un’ipotesi. Se, come abbiamo visto, la parte parte perduta è particolarmente corposa possiamo supporre che tra Brunilde e Sigurd non ci siano state solo promesse d’amore, ma anche qualche piccolo contrasto (piccolo perché in ogni caso i due si lasciano da amanti). Tolkien grande filologo medievale fece una supposizione ragionevole: Brunilde, fanciulla di stirpe divina (alcune storie la descrivono come una vera e propria valchiria) sembra che, nonostante Sigurd fosse il più grande eroe che avesse mai messo piede sulla terra, non fosse soddisfatta e il suo orgoglio l’avrebbe spinta a chiedere a Sigurd di tornare da lei solo quando si sarebbe conquistato un regno e sarebbe stato onorato da tutti. Un peccato d’orgoglio dunque che equilibra in qualche modo il tradimento successivo di Sigurd.

Brunilde quindi, sebbene di stirpe divina, non è immune dal peccato come non lo sono gli dei del pantheon norreno e, potremmo dire, come non lo sono tutti gli dei politeisti più in generale. Questa in effetti è la grande originalità del politeismo, cioè un antropomorfismo totale che non è altro che esprimere in forme umane tutto ciò che circonda l’uomo e determina il suo destino. Tale pensiero, come spiegava A. Brelich ne il suo saggio Il Politeismo si traduce in due cose: il mondo, pur senza perdere nulla della sua sovrumana potenza e grandezza, appare più comprensibile e trasparente; allo stesso modo l’uomo, ritrovando le proprie forme nel mondo non-umano, acquista non solo un maggior senso di sicurezza e di confidenza con la realtà, ma anche una maggiore dignità, poiché riconosce sé stesso come simile agli dei che reggono l’universo.

Fabio Darici

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