Prima del «silenzio in sala», riesco a sedermi con l’amico reazionario, e padre irresistibile, col coetaneo scienziato religioso – custode di Terra Santa, ebraista, islamista, compagnia cantante – e soprattutto «nerd» in borghese, e col «terrone» – pardon! – acculturato e assetato-disidratato d’arte, magari instagrammabile, riesco insomma a sedermi sulle giganti immagini dei giocattoloni parlanti per trentenni: Toy Story 4. Dopodiché il panorama è imbarazzante. Il solito film «mi-hanno-ammazzato-tutti-divento-un-super-soldato-e-mi-faccio-vendetta», in versione femminile – un grazie al sogno americano della colt salvifica! –; la commedia francese «refrain» sulla reazione degli agiati genitori caucasici alla figlia bianca che ama un nero; l’adolescente che entra nel «giro» che gestisce droga, soldi, donne; due famiglie pazze, i loro problemi, capostipiti innamorati all’ultimo e «croci e delizie» per tutti. Mi risolleva – sul cellulare dell’amico papà – qualche piccolo video dell’infante reazionario, mentre lo schermo finalmente s’abbuia.
The Mule. Un «culero» vola «en entrée» (primissimo dialogo Eastwood-messicani). Famiglia ferita tra vecchi e nuovi matrimoni, il patriarca senza soldi – e un vecchio divorzio. Pacchi sempre più pesanti di droga, caricati su un pick-up che migliora col tempo… Bei «màsari» in moto (in veneto il «màsaro» è il maschio dell’anatra e, se riferito a un uomo, è stigma di poderosa mascolinità), il cambio della ruota di neri in panne (siamo tutti uguali? no! tutti diversi!) e il mondo tecnologico, passati al torchio della terza età più ruvida. Che sa dilettarsi del piacere della guida, di buona musica e buon cibo, e di tutte le fogge di giovani culi del troppo gentil e prodigo sesso, variamenti costumati, presso la reggia del filantropo Laton. E chi non vorrebbe provare… un tiro col dorato fucile di Andy García! Ben sicuri, ovvio, tra la sponda del cartello e quella della DEA.
Beh, mi si dirà, cos’è cambiato dal prima al dopo del benedetto «silenzio in sala»? Poco o nulla! Sarebbe così, se non fosse un film di Clint. Che non ha paura di mostrarsi com’è: un vecchio, dallo sguardo completamente suo. C’è un’ironia unica nel guardare la lista imbarazzante che sopra ho abbozzato, un’ironia che mi ha davvero contagiato. Disarmante e certa, pari alla drammaticità. Via di drammaticità. Il burro cacao sulle labbra nel momento del pericolo, ha fatto notare qualcuno. Ma c’è di più. Non voglio contrapporre ora la trama di errori, rapporti, dolori e morte che tessono gli ottant’anni di Earl Stone. Non è tra l’altro una contrapposizione. Desidero soltanto porre l’attenzione su un particolare filmico che mi ha fatto esclamare: «Questo è Eastwood!». E il particolare sono i fiori.
Le bellissime emerocallidi che durano un solo giorno. Appaiono poche volte. All’inizio e alla fine. E sicuramente in un momento intimo e decisivo della diegesi. Non svelo alcunché. Così Clint, il vecchio mulo, porge questi gigli in dono a chi voglia guardarlo – al modo di un poeta che porge le sue ferite più belle in dono, le poesie, a chi voglia leggerlo. Il sorriso di Eastwood è corolla e profondità dei suoi fiori, il loro profumo – come il verso di un poeta coincide con la frana inarrestabile nel suo abisso.
Così anch’io, nel prendere congedo, mi permetto di donare alcuni versi di Elena Bono:
PER I FIORI DONATI DA UN AMICO
Tu hai raccolto per me l’altra sera
i fiori aerei della magnolia.
Quei fiori mi hanno umanamente commossa:
ora che sono appassiti
mi hanno lasciato, un umano profumo.
Quando li vidi risplendere sugli altissimi rami,
io non pensavo che per me fossero nati,
che dentro di me dovessero
eternamente fiorire.
Ed è pur vero: quel che sentiamo più nostro
altri ce l’hanno donato.
Ora per ora da mille creature attingiamo
ciò di cui vive la vita,
soffrire e godere da mille cose
a noi segretamente congiunte,
seppure lontane e ignorate
o per sempre scomparse.
E tutti ci nutre un Dio di se stesso,
uno Spirito immenso che ama
e che mai sarà amato
come grida il suo cuore.
Perché Egli volle così quella sera
cogliesti per me gli alti fiori della magnolia,
perché Egli vuol così questa sera
per te scrivo queste parole.
Emanuele Giraldo
Clint è un maestro, non si può discutere.
A mio parere questo è il suo film migliore del decennio perchè attraversato da una emotività di rara delicatezza che rende il personaggio di Earl terribilmente umano. The Mule è una storia semplice che però aiuta a riflettere a guardare lontano: una boccata d’ossigeno pure.
PS: ne ho scritto anche io una recensione. Spero possa piacerti!!!!
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