“Le leggi della storia sono assolute come quelle della fisica, e se in essa le probabilità di errore sono maggiori, è solo perchè la storia ha a che fare con gli esseri umani che sono assai meno numerosi degli atomi, ed è per questa ragione che le variazioni individuali hanno un maggior valore”
Fondazione e Impero, I. Asimov
Nel corso di una delle sue presentazioni ufficiali, lo scorso anno, Apple aveva annunciato l’uscita di una nuova serie tv sul suo network, uscita prevista 2021. La serie avrebbe dovuto chiamarsi Foundation. Non vi nascondo che l’hype generato in me dal trailer della serie aveva perlopiù dissipato i dubbi riguardo alla messa in opera di una tale impresa. In effetti mi è sempre sembrato quantomeno ostico il tentativo di girare un film o una serie su “Il Ciclo delle Fondazioni” di Isaac Asimov, perché, sebbene sia il Signore degli Anelli della fantascienza, oggigiorno servono una determinata quantità di colpi di scena e topos cinematografici affinché qualcosa sia accettato dal pubblico, e queste caratteristiche sono prevalentemente assenti negli scritti di Asimov.
In molti punti lo stile narrativo di Asimov si trasforma infatti in prosa scientifica o sociologica. Ed è proprio grazie a queste interpolazioni che Asimov diventa il padre della fantascienza, teorizzando per la prima volta il complesso rapporto tra l’uomo e i robot, scrivendo probabilmente la migliore e più coerente opera sui viaggi nel tempo (La fine dell’eternità) e regalando al mondo una delle più geniali scienze immaginarie, la psicostoria. Proprio quest’ultima ha suscitato in me un fascino particolare; in effetti, per uno storico, immaginare che la storia possa diventare uno strumento, insieme alla psicologia e alla matematica, per prevedere il futuro è quantomeno degno di attenzione se non di una ricerca più approfondita. Il prologo del terzo libro del Ciclo delle Fondazioni ci introduce a questa scienza: essa, ci dice Asimov, è “la quintessenza della sociologia; è la scienza del comportamento umano ridotto a equazioni matematiche”. L’uomo tuttavia, preso come individuo singolo, si comporta in modo imprevedibile, ma le reazioni delle masse possono essere studiate statisticamente e, tramite l’utilizzo di modelli matematici, addirittura previste.
La psicostoria è in qualche modo presente nel pensiero di Asimov fin dall’inizio dei suoi scritti, fin dal 1940 quando sulla rivista Astounding Science Fiction pubblica un racconto dal titolo Homo Sol, dove racconta come in una galassia aliena domina una particolare scienza che permette di prevedere le reazioni delle diverse specie aliene. I protagonisti sono dunque degli alieni e dovranno scontrarsi con l’imprevedibilità degli Homo Sol (umani) che, per qualche incomprensibile ragione, sfuggono alle regole di questa scienza. Una decina di anni dopo Asimov scrive il Ciclo dei Robot che culmina [spoiler più avanti] nel sacrificio dei robot per salvare l’umanità tutta, ma termina più propriamente con il “primo libro” del Ciclo delle Fondazioni (Preludio alla Fondazione, 1988), perché sarà proprio l’ultimo robot, R. Daneel Olivaw, a mostrare il sentiero della psicostoria a colui che poi ne diverrà il padre, il dottor Hari Seldon.

Asimov aveva ben chiara l’evoluzione di questa fanta-scienza, ma soprattutto credeva potesse aspirare a diventare una vera scienza. Ecco infatti cosa diceva in un intervista rilasciata alla National Public Radio nel 1987: “Io credo che ci sarà un tempo futuro in cui esisterà una scienza che permetterà di prevedere delle cose su basi probabilistiche o statistiche”. E poi rispondendo alla successiva domanda dell’intervistatrice se tale scienza sarebbe stata buona o no, rispose di sentirsi ottimista a riguardo: “Se saremo in grado, in qualche modo, di superare alcuni problemi che ci affliggono oggi, l’umanità avrà un grande futuro, e se potessimo usare i principi della psicostoria affinché ci guidino forse potremmo evitare molti grossi guai. Ma d’altra parte potrebbe essa stessa causare dei problemi. Ciò è impossibile da dire in anticipo.”
Ma è veramente possibile una scienza del genere? Gli strumenti che oggi sono in nostro possesso, come calcolatori e database sempre più vasti e performanti possono costituire la base su cui fondare la psicostoria?
Forse la puntualità e la precisione della psicostoria saranno difficilmente raggiungibili, almeno nel prossimo futuro, ma esistono già delle proposte teoriche simili. Una di queste è la cliodinamica che partendo dalla analisi di dinamiche storiche e sociologiche, la cliodinamica, le traduce in modelli matematici e quindi in modelli predittivi che vengono messi alla prova dei fatti nel confronto con ciò che è effettivamente avvenuto nella storia.
Sicuramente Tolstoj, scrittore che condivide il paese natale con il nostro caro Asimov, avrebbe di che ridire riguardo questa idea di storia. In effetti l’autore di Guerra e Pace ha sempre sostenuto che coloro che credono di capire la storia o che pensano di agire in essa da protagonisti sono sempre e comunque dei fantocci sottoposti all’imperscrutabile “legge naturale” che domina il mondo. Si potrebbe dire che la visione pessimistica della storia di Tolstoj è figlia del suo tempo e ora la tecnologia a supporto della scienza storica ha permesso ai suoi studiosi di fare enormi passi avanti riguardo alla comprensione delle sue dinamiche. Eppure c’è ancora qualcosa che stona, la storia diventa nella psicostoria di Asimov una scienza al servizio dell’economia -in senso lato- cioè si emancipa da quell’ambito umanistico che vorrebbe non trovare un’applicazione pratica diretta. La psicostoria è l’applicazione utile e utilitaristica della storia, e ciò la rende per forza di cose meno nobile e un po’ meno “storia”.
“La storia non è altro che una raccolta di fiabe e futili inezie, infarcite con un mucchio di cifre superflue e di nomi propri” Lev Tolstoj
Così forse il miraggio di una psicostoria che ci permetta di prevedere il futuro snaturerebbe il fine stesso dalla storia, perché come ci ricorda N. Y. Harari, storico ebreo, il vero scopo dello studio della storia non è quello di prevedere il futuro ma di liberarsi del passato e immaginarsi destini alternativi.
Ammetto che scomodare Tolstoj e Harari non era la mia prima intenzione quando avevo iniziato a scrivere quest’articolo, ma si sono rivelati fondamentali nel dissipare la caligine di una prospettiva, quella della psicostoria, fin troppo ottimista. Alla fine anche Asimov nei suoi libri ne sottolinea più volte la criticità, ma questo non toglie il fatto che rimanga il fil rouge di tutta l’opera del Ciclo delle Fondazioni e non potrà non esserlo anche nella serie prodotta da Apple. Saprà dunque la casa produttrice di Cupertino rendere il giusto tributo alla psicostoria oppure dovrà inchinarsi ai dettami del piccolo schermo?
Fabio Darici
Rispondi