«Tornò a voltarsi verso la macchina. “C’è Dio?” L’immensa voce rispose senza esitazione, senza il minimo crepitìo di valvole o condensatori. “Sì: adesso, Dio c’è.”»
La risposta, Fredric Brown
Da qualche tempo sto iniziando ad appassionarmi al gioco del go. Sebbene si basi su regole abbastanza semplici (più semplici forse degli scacchi) il go è in realtà un gioco molto complesso, tanto che ha assunto la nomea di gioco più difficile al mondo. Riassumendo brevemente per chi non lo conoscesse, potremmo dire che lo scopo del go è quello di conquistare più territorio possibile delimitandolo con il posizionamento delle proprie pedine (pietre) in una scacchiera 19×19. Il gioco più simile sono ovviamente gli scacchi, ma in go le variabili giocabili sono infinitamente maggiori, a tal punto che non può esistere una partita di go uguale ad un’altra perché le possibili posizioni diverse sono nell’ordine di 2,08*10^170.
Giocare ai livelli di 9dan, il grado maggiore di un maestro giocatore di go, è come creare un’opera d’arte, ogni mossa deve tenere conto di una quantità di variabili non umanamente prevedibili. Negli scacchi un bravo giocatore può prevedere due o tre mosse dell’avversario, in go questo non è possibile. Negli scacchi si usa la tattica in go la strategia, negli scacchi le mosse hanno un impatto diretto sulla partita: posizionare l’alfiere in un certo punto serve al giocatore per creare una superiorità tattica immediata e mettere in crisi la difesa avversaria. Nel gioco del go posizionare una singola pietra non ha un impatto così evidente o immediato, ha più che altro un valore strategico, cioè è una mossa che ha un effetto solo in una prospettiva futura molto più avanti nella partita.
Una pedina giustapposta può infatti creare un’infinita possibilità di mosse in risposta, con la conseguente imponderabilità del risultato. La forza di un giocatore di go sta nella sua capacità di avere una prospettiva euristica dell’evoluzione della partita. Per questo si riteneva improbabile che un IA potesse competere con un umano a questo gioco.
Invece dal 2014 AlphaGo si è dimostrata completamente a suo agio nel battere uno dietro l’altro i principali maestri di go. AlphaGo è un software creato da DeepMind che usa una combinazione di machine learning, tecniche di ricerca sulle strutture dati ad albero e un’estensiva fase di apprendimento del gioco umano. Nel 2016 AlphaGo si scontrò con quello che probabilmente era considerato tra i 4 migliori giocatori di go al mondo, il coreano Lee Sedol. Le cinque partite effettuate sono state seguite attentamente dai media ed è stato girato anche un documentario facilmente reperibile su YouTube. AlphaGo vinse 4 partite su 5, Sedol ne vinse solo una. Lo schema strategico di AlphaGo era chiaro, utilizzare mosse che un umano non avrebbe mai giocato e che avrebbe considerato inusuali e stravaganti, ma con un alto tasso di successo, cosa questa che le permise di ottenere 4 delle 5 vittorie. Eppure, nonostante le inumane capacità di AlphaGo, Lee Sedol riuscì a vincere la quarta partita grazie ad una mossa: la mossa 78. Dopo più di una mezz’ora di riflessione Lee posizionò una pietra a metà scacchiera, in luogo che mai nessuno si sarebbe aspettato. Una giocata per così dire non convenzionale, in una posizione che in una normale partita umano vs umano sarebbe stata considerata strana, se non addirittura sbagliata. Eppure in quella partita venne subito considerata “divina”, da quella mossa in poi AlphaGo iniziò a compiere strane giocate in risposta calcolando sempre una minor possibilità di vittoria fino a dover concedere la partita a Lee. Il giorno dopo Demis Hassabis, uno dei creatori di AlphaGo, disse che il software era impreparato ad una tale mossa in quanto non avrebbe mai pensato che Lee potesse effettivamente compierla. Secondo AlphaGo le possibilità che Lee compiesse quella mossa erano di 1 su 10.000, una percentuale talmente bassa da non essere considerata pericolosa. Lee dal canto suo disse di essersi ispirato, per la mossa 78, alle mosse compiute da AlphaGo nelle precedenti partite. La macchina che aveva eccellentemente superato l’uomo con delle azioni particolarmente inusuali e strane era stata ferita con la stessa spada con cui aveva vinto.

Ora potremmo qui noi fantasticare su quanto ancora abbiamo nel nostro sangue le capacità di affrontare lo spauracchio dell’IA che prende il controllo del mondo, di quanto Move 78 possa essere un ottimo nome per un movimento che combatta contro Skynet, ma forse il punto della questione non è l’uomo vs la macchina, ma l’uomo e la macchina. Lee è stato costretto dalla macchina a superare se stesso a migliorarsi e a pensare oltre agli schemi a cui era abituato. Ecco che dunque la macchina può diventare il mezzo per cui noi stessi possiamo diventare migliori senza sentirci soggiogati da essa, per risvegliare in noi il germe dell’immaginazione che da sempre ci guida oltre i nostri limiti fisici e naturali.
Fabio Darici
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