Geopolitica della terra di mezzo

“Ogni fase della storia mondiale è un momento necessario nell’idea dello Spirito del Mondo”
– F. Hegel

“Continuerò sul sentiero intrapreso. Stiamo ormai giungendo all’orlo del burrone, ove speranza e disperazione sono sorelle. Esitare significa cadere.”
– Aragon, ne “Il Signore degli Anelli”

L’idea di utilizzare lo strumento della geopolitica in un contesto narrativo/fantasy, come quello della Terra di Mezzo, potrebbe sembrare particolare. Eppure come il racconto e il mito altro non sono se non rappresentazioni del mondo reale, così anche Il Signore degli Anelli, scaturito dalla fervida mente di Tolkien, non può e non vuole sottrarsi a essere una sub-creazione e dovrà pertanto trovare nella realtà un costante legame. Ecco che dunque la geopolitica può essere applicata ad un racconto immaginario, se non altro perché Tolkien viveva nello stesso mondo in cui viviamo tutti noi e, magari inconsciamente, non poteva non applicare i metodi della politica e della strategia propri del mondo reale.

Sia chiaro, tutto quello che diremo qui non è altro che un esercizio personale e non ha valore di assoluta e incontrovertibile verità.

Orbene, dopo questa doverosa premessa possiamo cominciare, e cominciamo naturalmente da una mappa, fattore imprescindibile per lo studio geopolitico. 

Questa mappa mostra la densità della popolazione delle diverse specie/razze. Vi starete chiedendo perché sia rilevante una carta del genere, ebbene uno degli assunti della geopolitica recita che affinché una potenza sia tale deve poggiare su una popolazione dinamica, giovane e arrabbiata; il declino demografico e l’invecchiamento della popolazione sono infatti gli anatemi della potenza geopolitica. Una popolazione giovane è di per se inquieta e volenterosa ed è anche più aggressiva, è in qualche modo incentivata ad agire soprattutto verso l’esterno, verso gli altri popoli, anche a costo di enormi sacrifici. Una popolazione vecchia e in declino è invece votata piuttosto al quietismo e all’immobilismo, evitando inutili sacrifici e sofferenze. Forse può sembrare strano e difatti è spesso sottovalutato, ma in geopolitica la cifra antropologiaca ha un peso importante se non maggioritario al fine del successo di una potenza. La popolazione gioca quindi un ruolo fondamentale, tuttavia le diverse razze e specie complicano un po’ la questione e, pertanto, lascerei alla conclusione di questo articolo l’onere di dare una qualche sorta di interpretazione. 

La seconda cosa più rilevante in geopolitica è la conformazione geografica del territorio, ed ecco dunque che vi mostro questa seconda carta. 

Qui sono evidenziate con una linea rossa tratteggiata le principali catene montuose e in particolare quelle zone difficilmente valicabili. Le stelle blu invece indicano i passaggi, i valichi tra le montagne. Questi sono punti di controllo nevralgici per chiunque voglia giocare un ruolo chiave in quella zona. Ora, delle due stelle più a nord parleremo brevemente facendo solo notare che sono in corrispondenza di alcuni luoghi ben noti: Rivendel e Khazad-dûm quella più a nord e Lorien quella poco più a sud. Le altre due stelle evidenziano altre due “colli di bottiglia”: il primo è il Rohan Gap ed è il punto di collegamento principale tra l’est e l’ovest della Terra di Mezzo, mentre il secondo è quello che chiamerei l’Osgiliath Gap in quanto incentrato sul controllo della stessa città e permette il collegamento tra la Terra di Mezzo e i vasti territori a sud di essa.

In effetti è proprio in corrispondenza di questi due Gap che avvengono le due principali battaglie descritte nel Signore degli Anelli. Nella battaglia del fosso di Helm si scontrano le due potenze di Isengard e Rohan. La prima in ascesa vuole il controllo del Rohan Gap che le permetterebbe di accrescere la sua penetrazione strategica nella Terra di Mezzo ponendosi come crocevia essenziale per il passaggio est-ovest, potendo in questo modo agire liberamente nella regione dell’Eridor a ovest e nella regione del Rhovanion a est. Rohan invece deve necessariamente opporsi a questa prepotenza per non essere cancellato dalle mappe e mantenere il controllo dei ricchi traffici tra est e ovest.

Più complessa è, invece, la questione dell’Osgiliath Gap, infatti le due potenze che qui si  scontrano (Gondor e Mordor) hanno una prospettiva molto più strategica delle precedenti due. Isengard e Rohan infatti applicano principalmente delle tattiche, sono cioè guidate da motivazioni a breve termine: il controllo di una particolare zona e l’eliminazione del contendente per la prima mentre la sopravvivenza per la seconda.

Gondor e Mordor invece agiscono su un piano più profondamente strategico. Mordor ha necessità di controllare il Gap di Osgiliath perché ciò gli permetterebbe l’accesso alla via privilegiata verso il mare, cioè il fiume Anduin. Gondor ha bisogno di mantenere il controllo su questa zona essenzialmente per lo stesso motivo: il dominio della baia di Belfalas, peraltro contestata dagli stessi pirati di Umbar. Perché dunque consideriamo strategia quella di Mordor e Gondor mentre mera tattica quella di Isengard e Rohan? Ebbene è presto detto, c’è, in entrambe le due potenze che si contrappongono per il dominio del Gap di Osgiliath, un progetto più ampio, magari più carsico e inconscio, ma di una natura diversa da quella tattica. Si tratta di una essenza più puramente antropologica o storica, se preferite, che potremmo riassumere con la locuzione “il richiamo al mare”. 

Mordor, e nella fattispecie Sauron, sa benissimo che guadagnare la costa della Terra di Mezzo permetterebbe di guardare oltre il mare verso le Terre Immortali, inoltre come avrebbe potuto dimenticare la sua massima sconfitta avvenuta nella Seconda Era ad opera della gente venuta dal mare, cioè i Numernoreani. La sua cattività in Numenor e lo sprofondamento della stessa isola, tra le altre cose, furono anche il motivo della perdita del suo corpo fisico, il mare dunque oltre ad averlo sconfitto gli aveva portato via anche le membra.

D’altra parte Gondor è l’erede di Numenor pertanto ha la necessità di mantenere il controllo delle coste per guardare al mare e inconsciamente rivivere l’antica gloria imperiale. C’è un preciso momento nella narrazione del Signore degli Anelli nel quale si verifica una riscoperta antropologica di Gondor e della sua grandezza, ed è esattamente nell’istante in cui Aragon ritorna a Minas Tirith per diventare re. La strategia di Gondor sotto il dominio dei sovrintendenti è quella del contenimento delle forze di Mordor, mentre diventa evidente come ciò cambia con l’avvento del re: la strategia passa dal contenimento alla pressione offensiva.

Un’ultima carta che qui vi propongo ci riporta a considerare quanto lasciato inespresso ad inizio articolo cioè la questione delle razze e le loro strategie. Dobbiamo prima però introdurre una nuova questione: la storicità e la post-storicità. In geopolitica quando si dice che una nazione o un popolo è in una fase storica significa che è produttore di storia, è quindi dinamico e reattivo, esempi ne sono gli USA, la Cina, la Russia, ma anche la Polonia, i Paesi Baltici. Si tratta di tutti quegli stati disposti a sacrificare il loro benessere per la potenza. D’altra parte i paesi post-storici sono composti da popolazioni perlopiù economiciste e che, per dirla in maniera molto semplice, non accetterebbero mai di imbarcarsi in una guerra sacrificando il welfare state. La maggior parte dei paesi europei rientra in questa categoria, ma anche per esempio il Canada ne fa parte. 

Ebbene la mappa qui riportata evidenzia i luoghi dove si trovano ancora insediamenti delle razze naniche o elfiche, ma la loro cifra antropologica è ormai post-storica. Si isolano o fuggono altrove gli elfi e si rinchiudono nelle loro fortezze i nani. Sono invece gli uomini e gli orchi le razze che producono storia e a pensarci bene sono anche le più giovani, fattore non indifferente quando parliamo di geopolitica.

Purtroppo utilizzare la geopolitica per spiegare gli eventi della Terra di Mezzo rimane un’operazione impropria. I racconti sono incentrati su storie di singoli individui: eroi, compagni, antagonisti. Essi svolgono il ruolo di modellatori della realtà, molto di più di come invece accada nel mondo reale. La geopolitica d’altronde non tratta di persone singole, perché il singolo non cambia il mondo, neanche nel caso che questo si chiami Giulio Cesare o Napoleone. Essi infatti non sono ne più ne meno che espressioni di una cifra antropologica, di una pulsione popolare. Essi appaiono come i protagonisti della storia, ma interpretano un ruolo che gli è stato consegnato da un sostrato nazionale, potremmo dire, usurpando la terminologia psicologica, che si fanno promotori di un inconscio collettivo. Essi quindi non sono la storia ma solo strumenti di essa, fantocci inconsapevoli delle dinamiche storiche e politiche. 

Post scriptum (nel senso che il passaggio sotto riportato è di molto successivo alla prima stesura dell’articolo, ma si è ritenuto interessante inserirlo in riferimento alla situazione attuale)

A riprova di ciò, dirò qualcosa che probabilmente farà storcere il naso a qualcuno: diffidate da chi oggi vi dice che la guerra in Ucraina è colpa di Putin. Egli non è altro che l’espressione della volontà imperiale russa; che ci sia Putin o qualcun altro, questa pulsione non cambierà perché il popolo russo (almeno la maggior parte di esso) agogna lo status di potenza. Per lo stesso motivo il popolo russo non rovescerà il regime di Putin in nome dei valori democratici. L’unico motivo per cui i russi rovesciano un governo è quando questo viene umiliato militarmente e politicamente di fronte consesso internazionale: accade nel 1905 quando la flotta russa viene annientata dal Giappone durante la battaglia di Tsushima che porta alla “Domenica di sangue” e alla nascita dei Soviet, passaggio questo determinante per la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 e accade nel 1989 con la caduta dell’URSS in seguito alla clamorosa sconfitta di una decennale guerra in Afghanistan. Solo se la guerra in Ucraina venisse percepita dal popolo russo come una sconfitta si potrebbe verificare un cambio di regime in Russia.

Ma ci stiamo allontanando troppo dal seminato e probabilmente sarebbe necessario un altro articolo per esaurire la tematica sopra descritta, pertanto questo scritto finisce qui con un suggerimento: per capire veramente quello che accade nel mondo è necessario fare un passo di lato, estraniarsi dai valori e dai contesti occidentali in cui siamo immersi e tentare di immedesimarsi nelle intenzioni e impulsi profondi di un altro popolo.

Fabio Darici

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