Mitologia Norrena #1 -Cosmogonia

Questo articolo vuole essere solo il primo di una serie dedicati alla mitologia norrena o nordica. Mitologia che oggi riconosce un favolosa riscoperta grazie alle numerose opere fantasy che spopolano tra serie tv, cinema, letteratura e gaming. E allora, a causa della nostra deformazione storica che necessita di andare alla genesi del fenomeno che si sta osservando, rincorrendo così un altro mito, quello delle origini (eldorado e al contempo utopia di ogni storico e umanista), ci proponiamo qui di indagare, per quanto superficialmente e con mezzi insufficienti, la colossale narrazione mitologica dei popoli del nord. Sedetevi dunque davanti al vostro focolare digitale e lasciatevi raccontare una storia che inizia prima del tempo, in un tempo mitico che definiremo distant past. In questo periodo le vicende narrate sono antecedenti alla creazione dell’universo e a dominare è l’abisso, il Ginnungagap:

 

Ár vas alda þars Ymir byggði

vasa sandr né sær, né svalar unnir;

jǫrð fansk æva né upphiminn;

gap vas ginnunga, en gras hvergi.

 

In principio v’era solo il tempo ove dimorava Ymir; 

non v’erano né la sabbia, né il mare, né le fredde onde;

non si scorgeva né la terra né il cielo sopra di essa;

non v’era l’erba; l’abisso era spalancato.

Völuspá str. 3

 

Ár alda identifica questo tempo antecedente alla creazione, significa in principio, all’inizio dei tempi. Di questo passato antico ci sono poche informazioni e il più delle volte frammentarie. A nord del baratro dell’abisso fu creato Niflheim, il mondo del ghiaccio e dell’oscurità, dalla parte opposta invece c’è Muspell, regno del fuoco, luogo torrido e inospitale. Ora avvenne che da Niflheim si generarono dei fiumi: Elivagar. Questi giunsero fino all’abisso congelandolo e stratificandosi in brina. Il Ginnungagap era quindi, dalla parte settentrionale, congelato e oscuro e dalla parte meridionale caldo e illuminato dal fuoco di Muspell. Ma riportiamo  una parte del capitolo cinque del Gylfaginning (Gyl) cioè L’inganno di Gyfli, tratto dall’Edda in Prosa di Snorri Sturluson:

 

Rispose Har: “Quelle acque che hanno nome Elivagar, allorché furono tanto lontane dalla loro sorgente che la schiuma velenosa ch’esse recavano s’indurì come la scoria che sprizza da fuoco, divennero ghiaccio e quando il ghiaccio si arrestò e non procedette oltre, le esalazioni che s’alzavano da veleno si fecero solide e gelarono in brina e la brina crebbe sopra ogni cosa nel Ginnungagap”.

Allora parlò Iafnhar: “Il Ginnungagap nella parte che volge a settentrione si riempì di ghiaccio pesante e greve e di brina e da esso esalò gelido vapore; ma la parte meridionale del Ginnungagap ne fu preservata dalle scintille e dalla materia incandescente che sprizza da Muspellsheimr”.

Poi parlò Thridhi: “E come il freddo e tutto ciò che è nemico proveniva da Niflheimr, così tutto quanto era volto verso Muspellsheimr riceveva calore e luce; ma il resto del Ginnungagap era mite come aria senza vento; e quando la brina fu investita dall’aria calda e cominciò a sciogliersi e a gocciolare, in quelle gocce sorse la vita per la potenza di colui che aveva inviato il calore, e si formò una figura d’uomo – e questi si chiamò Ymir […]”.

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Ymir

In quest’ultimo periodo troviamo il primo elemento vitale che gioca un ruolo fondamentale nella cosmogonia norrena: la goccia o lacrima, generata dalla brina investita da aria calda. La goccia o il gocciolare (drjùpa) simboleggia il potere della vita e della fecondità. Questo tema ritorna altrove nella mitologia norrena: l’anello d’oro che possiede Odino e poi Baldr, chiamato Draupnir, forgiato dai nani, scaturisce (gocciola) ogni notte un anello di uguale peso. Di goccia o lacrima si sta quindi parlando, perciò non a caso troviamo Freyia, la dea della fecondità, piangere lacrime, che sono fulvo oro, nell’attesa del ritorno di Odor suo sposo. Le lacrime sono anche simbolo di rigenerazione, nel mito di Baldr: tutti gli esseri viventi piangono infatti la sua scomparsa. Il pianto diventa la condizione per il ritorno del dio dal regno dei morti: “Se tutte le cose nei mondi, vive o morte, lo piangeranno, allora egli tornerà a vivere presso gli Asi […]”. 

Ma proseguiamo nella nostra analisi sul tempo delle origini. Dalla brina disciolta si forma la goccia che da origine alla vita. La prima forma di vita è il gigante Ymir, da lui ha origine tutta la stirpe dei giganti. La formazione della stirpe dei giganti ci introduce ad un altro principio vitale: la traspirazione. Si dice infatti che mentre Ymir dormiva traspirò sudore, e da esso vennero creati tutti i giganti. Il sudore è un’azione provocata dal calore, che è forza vivificante e generatrice. L’atto stesso del dormire è significativo in quanto sottolinea che ogni altra attività vitale è sospesa in modo tale che il gigante potesse emanare tutta la propria essenza.Ma veniamo alla creazione degli dei. Ymir viene nutrito dalla vacca Auðhumla, quest’ultima, nata come lui dalla brina disciolta, si nutre delle pietre giacciate e salate presso l’abisso. Ora avvenne che nel primo giorno dalle le pietre ghiacciate leccate da Auðhumla si generarono dei capelli di uomo, il secondo giorno la testa e il terzo tutta la persona. Costui fu il primo dio e il suo nome era Buri, anch’egli nato dall’incontro tra il calore (Auðhumla) e il freddo (le pietre ghiacciate). Da Buri nacque Borr, da Borr nacquero Odino, Vili e Vé. I figli di Borr uccisero il gigante Ymir e affogarono nel suo sangue tutta la stirpe dei giganti, solo uno di essi si trasse in salvo: Bergelmir, da lui ebbe origine una nuova generazione di giganti.

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Odino

Poi gli dei, dal corpo di Ymir, generarono il mondo: è il mito indoeuropeo della generazione tramite sacrificio. Sacrificio che porta vita, la morte di uno vivifica il mondo intero. Questa è la cosmogonia cioè l’agone, la lotta che genera l’ordine (cosmos). Ma leggiamo direttamente dalla fonte primaria, cioè dal Grimnisimal nell’Edda poetica di Snorri:

 

Ór Ymis holdi var jǫrð um skǫpuð,

en ór sveita sær, bjǫrg ór beinum,

haðmr ór hári, en ór hausi himinn.

En ór hans brám

gerðo blið regin Miðgarð manna sonum;

en ór hans heila vóro þau in harðmóðgo

ský ǫllum skǫpuð.

 

La terra fu creata dalla carne di Ymir,

il mare dal sangue, le montagne dalle ossa, 

gli alberi dai capelli, il cielo dal teschio.

Dalle sue sopracciglia

i santi dei ricavarono Miðgarðr per gli uomini;

dal suo cervello vennero create tutte

le nuvole tempestose.

Grimnismal str. 40

 

Altrove troviamo poi che alcune scintille provenienti da Muspell arrivarono fino al cielo e da esse ebbero origine gli astri. Alcuni avevano una sede fissa altri invece percorrevano una rotta. Da qui ebbe inizio il calcolo del tempo. E sempre da qui il distant past diventa near past. Il tempo mitico antecedente alla creazione non è scandito, è invece fumoso e impreciso, è in ultima analisi caotico. Caos si oppone a cosmos e infatti quando gli dei generarono il cosmo, lo crearono ordinato sia nello spazio che nel tempo.

 

Þá gengu regin ǫll á rǫkstóla,

ginneheilǫg goð, ok gættusk of þat:

Nótt ok niðjum nǫfn of gáfu,

morgin hétu ok miðjan dag,

udorn ok aptan, áarum at telja.

 

Allora tutti gli dei andarono ai troni del giudizio,

divinità santissime, e decisero questo:

diedero nome alla notte e alle fasi lunari,

e al mattino ed al mezzogiorno,

al pomeriggio e alla sera, per contare gli anni.

Völuspá str. 6

 

Gli dei creano l’ordine in opposizione al caos primordiale dominato dai giganti. Il mondo quindi è un’opera ordinata e cosciente, non avviene in maniera casuale, come la nascita della stirpe dei giganti. E volontariamente viene creato anche l’uomo. La sua genesi viene descritta sia nella Völuspá sia nel Grimnismal, qui le riportiamo entrambe in quanto hanno alcuni elementi e sfumature che differiscono:

 

Unz þrír kómu ór því liði

ǫfligir ok ástkir æsir at húsi,

fundu á landi lítt megandi

Ask ok Emblu ǫrlǫglausa.

Ǫnd þau né áttu, óð þau né hǫfðu,

lá né læti né litlu góða;

ǫnd gaf Óðinn, óð gaf Hœnir,

lá gaf Lóðurr ok litu góða.

 

E vennero tre di quella stirpe

magnifica e potente, gli Asi, a casa,

e trovarono a terra senza forze

Ask ed Emblu i senzadestino.

Non respiravano, né avevano anima,

né calore vitale, né gestualità, né colorito;

Óðinn gli diede respiro, Hœnir l’anima,

Lóðurr il calore vitale ed il colorito.

Völuspá, str. 16-17

 

Allora rispose Har: “Quando i figli di Borr andarono sulla spiaggia, trovarono due alberi, li raccolsero e ne fecero due esseri umani; il primo diede loro anima e vita, il secondo intelletto e movimento, il terzo aspetto, parola e udito e vista; e diedero loro vesti e nomi. L’uomo si chiamò Askr, ma la donna Embla, e da loro nacque la stirpe degli uomini cui fu assegnata la terra giù sotto Midhgardhr”.

 

Sono due versioni un po’ differenti ma il nocciolo è lo stesso. Ask (Askr) e Emblu (Embla) vengono trovati senza vita sulla spiaggia dagli dei. Ai senzadestino, così vengono chiamati nella Völuspá sottolineando implicitamente la loro libertà nel decidere il proprio futuro (forse un’influenza cristiana della dottrina del libero arbitrio), viene donata la vita, l’intelletto e sensi.

Odino dona agli uomini il respiro attraverso un soffio. Questo è il principio vitale senza il quale la materia non è che una presenza inerte. Un’analogia forte con il capitolo secondo della Genesi nel quale Dio plasma l’uomo dalla polvere del suolo e soffia nelle sue narici un alito di vita per far divenire l’uomo essere vivente. Il nome stesso di Odino risale ad una radice indoeuropea *WAT nella quale è contenuta l’idea dell’essere eccitato, cioè posseduto da uno spirito. Anche il termine che indica gli dei supremi, gli Asi (Æsir in antico nordico), è collegato a *ANSU, ṆSU, che significa spirito, demone. Sembra quindi che gli dei rendano partecipi gli uomini della loro essenza più profonda, del loro spirito.

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L’uomo è un essere pneumatico e contiene al suo interno, dentro il suo corpo mortale, una scintilla divina ed immortale. Ed è anche per questa condivisione spirituale che alla fine dei tempi i grandi guerrieri, gli eroi, coloro che più di altri hanno dato adito al loro spirito immortale combattendo i propri nemici fino alla morte sul campo di battaglia, questi uomini, combatteranno ancora a fianco degli dei contro i nemici di sempre fino all’annientamento di entrambi gli schieramenti in quello che è la più originale e suggestiva battaglia della mitologia norrena: il Ragnarǫk.

Fabio Darici

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